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Scilla, cariddi e colapesce

22.02.2017
Indice

La Sicilia è terra di miti e leggende ma anche di fascino concreto. Il suo mare sa essere invitante e piacevole tanto quanto il suo prolifico entroterra e le sue antiche città.

Messina e Tindari, Mortelle e Capo lo Faro sono zone ricche di luoghi storici e calette meravigliose dove vivere il Mediterraneo in un’atmosfera informale e in piena libertà, scoprendo sempre qualcosa di nuovo e inaspettato.

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Il mito di Colapesce

Oggi il nome di Colapesce è tornato ad essere conosciuto in tutta Italia. É un cantautore siciliano – di quelli della nuova leva – e porta questo nome leggendario come pseudonimo. La storia di Colapesce (quello del mito) però è antica e ha molte varianti.

Cola – diminutivo di Nicola – sarebbe stato un pescatore locale vissuto nel 1200. Federico II, Re di Sicilia, si trovava fermo nello Stretto di Messina e costrinse il pescatore a tuffarsi per lui nelle profondità del mare, nei pressi dell’antico faro, per recuperare una preziosa coppa d’oro. Colapesce – coraggiosissimo – recuperò la coppa ma il Re, per metterlo ancora alla prova, lanciò la coppa in acque più profonde. Nuovamente Colapesce si tuffò e riprese la coppa dorata. Re Federico, incredulo di tanto coraggio, lanciò ancora la coppa in un tratto davvero inaccessibile. Colapesce questa volta non riemerse. Si dice sia rimasto lì, sotto il mare, poiché aveva visto che una delle tre colonne che sorreggono la Sicilia stava cedendo. Il mito vuole che Colapesce si trovi ancora sotto Capo Peloro, a far da colonna lui stesso e a sorreggere una delle più belle regioni d’Italia. In alcune storie Colapesce sarebbe una sorta di uomo-pesce per volere di una maledizione, in altre è un santo, tanto che i pescatori messinesi ancora oggi lo venerano come S. Nicola (a Ganzirri, nella chiesa a lui dedicata). Sempre gli stessi pescatori, come scongiuro e per ingraziarselo, erano soliti versare dell’olio in mare, durante la pesca dei polpi. Il mito di Colapesce è fonte di studi ed è presente in letteratura dai primi del XIII secolo. Di lui ne parlano Cervantes nel celeberrimo Don Chisciotte, il fisico gesuita Athanasius Kircher e persino Schiller, a testimonianza di una storia che è giunta ai giorni presenti senza perdere un grammo del proprio fascino. Il coraggio di Colapesce, la sua determinazione e abnegazione nel voler salvare la Sicilia ricordano molto il carattere dei siciliani e la sua storia ci racconta di come il mare, da queste parti, sia il palcoscenico di molte avventure.